La Fanteria Russa (1800-1945)


Premessa

Questo articolo vuole solo essere un modesto e sommario contributo alla comprensione del tema discusso, e non una trattazione approfondita, che lasciamo fare a chi ha molta più competenza di chi scrive. L’obiettivo è quello di fornire un’introduzione a chi si deve cimentare nel wargame, poiché non tutti gli eserciti, come noto, sono uguali.


Il periodo napoleonico

Il generale Aleksandr Vasilevich Suvorov nella sua battuta più famosa paragona il “folle” proiettile alla “saggia” baionetta: secondo lui, infatti, mentre la palla di piombo uscita dalla canna di fucile segue una sua traiettoria indipendente dalla volontà umana, la baionetta è invece mossa dal braccio del fante, dunque più fedele e più “saggia”. Meglio quindi affidarsi alla baionetta che alla pallottola.


Al di là della battuta, qui si raccoglie il sunto del pensiero di Suvorov , che influenzerà molto i suoi successori per decenni. Le teorie del generale, basate sulla dinamicità e sull’attacco in massa alla baionetta, si scontrano con quelle dello zar Paolo I, imitatore della Prussia di Federico e amante dell’estetica delle parate e della manovra in linea, prevedibile e lenta (velocità di marcia 75 passi al minuto, in seguito introduzione di una “marcia veloce” di 110 passi/minuto).
I generali che seguono, sotto Alessandro I, riprendono le teorie di Suvorov, in particolare Kutuzov e Bagration, che conia un altro paragone tra la palla di cannone “vergine folle” e la baionetta “vergine saggia”. In realtà, le esigenze oggettive e le caratteristiche della fanteria russa impongono, di fronte all’immenso numero di uomini, una logistica ed un addestramento superficiali e dozzinali.  L’adozione della formazione in colonna e la tattica della baionetta divengono così l’arma più efficace: i soldati sono scarsi nel tiro a causa di addestramenti pressoché inesistenti, ma sono stoicamente disposti a grandi sacrifici.
Le testimonianze di inglesi e francesi descrivono i fanti russi come “macchine” abituate a ritmi massacranti di 4 ore di sonno e 6 di marcia, feroci ed esaltati, animati dallo spirito di fedeltà allo zar, alla patria e alla religione ortodossa (anche dall’alcool, nda),  dei “semi-barbari” che avanzano senza sofferenza sotto i colpi nemici  e cercano lo scontro alla baionetta. Il Catechismo del soldato, uscito nel 1810, è categorico: “chi va avanti rischia una pallottola mortale, chi fugge ne rischia dieci”. Il generale De Bracq, nel raffrontare il comportamento delle varie fanterie di fronte ai francesi, dice: 
“la fanteria austriaca getta le armi; ogni soldato si proclama polacco e vi segue lealmente. La fanteria prussiana getta le armi, ma le raccoglie prontamente se si accorge che si viene in suo soccorso. La fanteria russa si getta a terra, lascia passare le cariche, si rialza e fa di nuovo uso delle armi”.

 

Al 1812 la fanteria costituisce, assieme all’artiglieria (altro pezzo forte dell’esercito russo), la spina dorsale dell’esercito. La leva delle milizie cittadine (opolchenie) va a rafforzare la difesa dall’invasione francese. Su 480.000 effettivi impegnati, 365.000 sono fanti, 76.000 cavalieri, 40.000 artiglieri.

Diversamente dalla Linea, come accade per altre grandi potenze,
la Guardia costitusce un’elite di eccezione. La Guardia russa combatte molto bene, ed è apprezzata anche da Napoleone, che la giudica “ben disciplinata e di una tale fermezza che sarebbe la prima nel mondo se a queste qualità si unisse un po’ dell’entusiasmo elettrizzante dei francesi”.

Dalla Restaurazione alla guerra di Crimea

Il periodo della Santa Alleanza, che fa della Russia uno dei gendarmi dell’Europa, non cambia le caratteristiche dell’esercito russo. I ritardi e, spesso, le ottuse pretese dei regnanti rendono inaffidabili le forze armate, e fanno scontare tutto nella guerra di Crimea, anche in termini politici ed ideologici.Gli ufficiali sotto Nicola I, diretti dal fido Arakceev, adottano ormai la colonna come formazione di combattimento, ma non riescono a risolvere gli altri problemi, legati anche ad uno sviluppo industriale e tecnologico arretrato. Gli ufficiali sono sempre ligi al rigido schema gerarchico piramidale, e privi di libertà di iniziativa personale. Le truppe restano mal addestrate, sia nelle manovre sia nel tiro, le armi sono obsolete, e solo alcuni tentativi di importazione dall’estero introducono poche novità e miglioramenti. Addirittura, alcuni reggimenti di Cacciatori (Jägers) che partecipano alla guerra di Crimea, combattono non avendo mai praticato addestramento al tiro! Peggio ancora, la passione per le riviste mai tramontata presso lo zar induce i fanti a manomettere i propri fucili per ottenere effetti sonori nei volteggi dell’arma, ottendendone anche il degrado e il peggioramento balistico. Il risultato, se certamente gradito alla corte russa, è certo maledetto dalle truppe al fronte.
Mentre gli interventi Russi in Turchia (1828) e Polonia (1830) non destano particolari preoccupazioni, in quanto test poco indicativi dello stato di salute dell’esercito, la Crimea è il vero banco di prova.
La sorpresa per i Russi, in questo caso, è molteplice: 1) mentre da parte inglese si fanno valutazioni geopolitiche sull’espansione russa, quest’ultimi restano sconcertati per il voltafaccia degli stati cristiani a favore di un paese islamico (qualche accademico oggi classifica la guerra di Crimea come la prima guerra ideologica Est-Ovest dell’era contemporanea). 2) l’attività di controllo dell’Europa coglie impreparati i Russi. Il loro esercito è sparso sul continente, 530.000 su 700.000 sono dislocati nella fascia che va dal Baltico al Danubio, e solo 40.000 uomini si trovano inizialmente in Crimea. 3) lo scontro tra vetusti moschetti russi a canna liscia (1 tiro al minuto, portata 200 yards circa) e i Minie alleati a canna rigata (2 cariche al minuto, portata fino a 1000 yards) mette in evidenza brutalmente il gap tecnologico e militare tra le potenze.
Per ovviare a questi deficit gli esperti di propaganda e i militari stessi si impegnano ad alimentare lo spirito patriottico, esaltando le tradizioni russe, le figure dello zar e della Chiesa ortodossa, elargendo medaglie ed onoreficenze. Sul campo non rimane che affidarsi alla solita formazione in colonna di attacco, con un battaglione diviso in due colonne parallele e compatte, per poter raggiungere velocemente il contattto con il nemico. Sovente si fa anche uso di schermagliatori. Nel fare questo ciascun fante dovrebbe portare in testa l’elmo chiodato (a cui viene preferito il berretto da fatica) e sulle spalle lo zaino militare più pesante dell’epoca (77 libbre, circa 36 Kg), con conseguenze immaginabili sul piano pratico. Racconta il francese Chartier, presente alla battaglia dell’Alma (20 settembre 1854):
“(…) è un muro non di carni umane, ma di bronzo che noi abbiamo davanti… Tutta l’artiglieria francese è riunita e schierata a distanza assai breve, in modo da battere tre lati del quadrato nemico; i Russi si serrano, si ammassano, si solidificano, non battono ciglio (…) La nostra artiglieria non si occupa che delle masse da battere; essa fa dei solchi profondi che si rinchiudono con una calma inaudita. Questo sangue freddo mi porta ad una ammirazione profonda…Le poche conversazioni che si scambiano fra noi sono tutte in favore dei Russi”.

La seconda metà dell’Ottocento

Dopo la disfatta in Crimea, l’esercito tenta di riorganizzarsi. Le riforme intraprese da Miliutin riguardano la divisione territoriale dell’esercito, la formazione dei suoi quadri, la riforma del reclutamento. Si registrano mutamenti anche dal punto di di vista degli armamenti, che però si traducono in un totale caos durante la guerra Russo-Turca del 1877: il riarmo russo, nonostante l’adozione del fucile modello Berdan (dal nome del suo progettista statunitense), apprezzato da Francesi e Inglesi, vede l’introduzione di ben 4 modelli di fucile, con munizioni incompatibili tra loro! Permangono forti carenze di addestramento, e si prosegue nell’applicazione dei modelli passati. La carica della colonna di fanteria è il “piatto forte” anche contro i Turchi, giungendo anche ad assistere a fanterie scagliate contro i cannoni. Finalmente con Alessandro III, sul finire del secolo (ultimo ventennio del XIX), compaiono pubblicazioni sugli studi del combattimento, e si dà il via alle prime grandi manovre (1886). Le novità si estendono alle uniformi, con l’abbandono delle uniformi di taglio europeo (nella guerra con i Turchi i Russi hanno indossato in testa un insolito kepi in stile francese), e l’introduzione delle casacche a tunica (gymnastërka), sostanzialmente invariate sino al 1945. Dal punto di vista dell’armamento, nasce il fortunatissimo fucile Moisin-Nagant (1891), il modello che sarà adottato fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

La Prima Guerra Mondiale

Con l’inizio del secolo due guerre mettono alla prova la Russia, che mostra evidenti segni di crisi.

La guerra Russo-Giapponese fa emergere un serio problema di formazione dei quadri, mentre la Grande Guerra ne indica altri. Di nuovo, problemi economici e tecnologici impediscono la copertura del fabbisogno di armi al fronte. Dalla parte del nemico c’è una superiorità numerica delle armi, che i Russi tentano come sempre di bilanciare con la superiorità numerica. Mancano presto munizioni e fucili, ne vengono perduti in battaglia 200.000 al mese, e la produzione ne può assicurare solo 50.000 nello stesso lasso di tempo. Il generale inglese Knox registra che al 1915 la Russia può disporre di appena 650.000 fucili, su quasi 6 milioni di mobilitati! La penuria rasenta il ridicolo, tanto che in ogni reggimento di fanteria, organizzato su 4 battaglioni, almeno un battaglione è privo di armi da fuoco e armato di semplici bastoni.  Così, il fante russo è ancora una volta un uomo-massa da scagliare contro il nemico, seppur coraggioso e tenace. Annota Hindenburg: “durante le battaglie sul fronte orientale fummo obbligati a liberare i cigli delle nostre trincee dalle masse di cadaveri che vi si ammucchiavano, per liberare il nostro campo di tiro su nuove masse che si lanciavano sempre all’assalto.La speranza per il fante sguarnito è quella di avanzare assieme ai compagni e sfilare l’arma e le munizioni dalle mani di feriti e morti, in una sorta di staffetta della morte (situazione analoga nella Seconda Guerra Mondiale, si veda il film Il nemico alle porte ).


La Seconda Guerra Mondiale

L’esercito riorganizzato per volontà di Trotzkij dopo il 1917, e supportato da un nascente complesso militare-industriale che caratterizzerà la storia sovietica, gode anche delle buone relazioni con l’estero sino agli anni ’30. Con l’URSS, a livello militare, collaborano e commerciano le grandi potenze del periodo, che forniscono mezzi e carri armati, come il Vickers 6ton (GBR), da cui si deriva il T-26, o il modello Christie (USA) di treno di rotolamento dei carri, da cui nasce prima la serie BT, e poi il T-34. Le decisioni politiche del dittatore georgiano, come ormai è noto, influenzano pesantemente le future imprese belliche. Le purghe staliniane degli anni ’30 compromettono l’efficienza dell’Armata Rossa, e la ridicolizzano nella “guerra d’inverno” del ‘39-’40 contro la Finlandia. L’invasione tedesca del giugno 1941 coglie addirittura di sorpresa i sovietici, tanto che Stalin stesso, disorientato, si rinchiude nelle sue stanze per alcuni giorni, Stalin stesso, disorientato, si rinchiude nelle sue stanze per alcuni giorni.
Dal punto di vista tattico e strategico, l’atteggiamento non muta, e si dà ancora grande peso al fattore numerico. La popolazione diviene una immensa riserva di soldati: il 75% delle divisioni di linea dell’Armata Rossa è composto da fanteria, scarsamente addestrata e male armata. L’armamento del fante, costituito ad inizio guerra dal fucile Moisin-Nagant, cambia nel corso della guerra: l’assenza di addestramento al tiro induce a scegliere il mitra PPsh, meno problematico dal punto di vista costruttivo e dal punto di vista delle capacità individuali del soldato. Da registrare, in aggiunta allo scarso armamento, i fucili anticarro PTRD o PTRS, già superati nel ’42, e l’assenza di altre armi presenti invece nelle fanterie alleate o dell’Asse, come PIAT, bazooka, Panzerfaust, ecc..
Il livello indecente della rete stradale e la scarsità di mezzi di trasporto, in una guerra dove il movimento e la velocità sono fondamentali, rendono ancora più difficile la gestione di truppe costrette a montare sui carri armati o su mezzi di emergenza trainati da animali.
I tanks vengono spesso trasformati in veri e propri mezzi di trasporto anche di altri piccoli mezzi (per esempio le jeep montate sullo scafo dei semoventi SU). Le truppe di fanteria motorizzata esistono sulla carta, ma per esigenze produttive si scartano i camion, considerati un lusso, in favore dei carri.
L’introduzione del commissario politico all’interno della struttura militare, assieme alla presenza delle truppe della NKVD, assumono l’aspetto di una funzione di controllo, repressione e prevenzione delle eventuali ritirate, rotte, abbandoni o diserzioni delle truppe, piuttosto che un valido stimolo motivazionale.
Il fante russo, ora sovietico, si comporta allo stesso modo dei suoi predecessori, l’impiego è lo stesso: marce in formazioni compatte, con la baionetta innestata e alla ricerca della lotta corpo a corpo. Questo l’eloquente racconto di Paul Carell dei combattimenti presso Smolensk, alla fine di giugno del 1941:
“…E i Russi continuano ad attaccare senza posa con assordanti ‘Urrà! Urrà!’ Vanno all’assalto a compagnie, a battaglioni, a reggimenti interi. Poi accade qualcosa che lascia senza parola i soldati tedeschi. I Russi vengono all’assalto in ordine chiuso, su tre o quattro sterminate righe in linea di fronte….Esterrefatti, i soldati tedeschi vedono avanzare una muraglia compatta di uniformi color della terra, composta di uomini a contatto di gomito che avanzano con pesante passo cadenzato. Le lunghe baionette innestate sui fucili sporgono dalla muraglia come tante lance. ‘Urrà! Urrà!’……..I tiratori fanno scattare le leve degli otturatori…le mitragliatrici pesanti fanno udire il loro regolare ticchettìo…Le carabine abbaiano. Le pistole mitragliatrici crepitano. La prima ondata di uniformi color della terra crolla, e su di essa la seconda. La terza fa dietrofronte si ritira come la risacca. La grande distesa è coperta da mucchietti color grigio terra”.

E ancora Carell, in base alle memorie del generale Lanz, sui combattimenti a sud di Kharkov nell’estate del 1942:“Le colonne russe avanzano contro le linee tedesche nel chiarore prodotto da migliaia di razzi illuminanti. Si odono i secchi ordini degli ufficiali e dei commissari Russi che incitano i battaglioni. I soldati dell’armata rossa avanzano tenendosi a braccetto. Il loro rauco ‘Urrà!’ rimbomba terribile nella notte. ‘Fuoco’, ordinano i capiarma e capipezzo delle mitragliatrici e dei pezzi di fanteria tedeschi. Le prime ondate russe cadono falciate. Allora le colonne color kaki piegano a nord. Ma anche là trovano gli sbarramenti dei cacciatori da montagna. Indietreggiano, ondeggiando, riprendono l’attacco contro il fronte tedesco senza badare a perdite. Massacrano con il calcio del fucile, con la baionetta, tutto ciò che trovano sulla propria strada, riescono ad avanzare ancora per qualche centinaio di metri, per crollare infine sotto il fuoco incrociato delle mitragliatrici tedesche. Chi dei Russi non è morto ritorna barcollando, incespicando, strisciando verso le forre del Bereka. La sera dopo, la stessa scena. Questa volta alcuni T34 accompagnano, frammisti alla truppa, i fanti russi all’assalto. Questi, che avanzano sempre a braccetto, hanno la mente annebbiata dalla vodka. Come troverebbero altrimenti questi poveracci il coraggio di affrontare con un ‘urrà!’ la morte certa?”  

La Fanteria russa nel Wargame

Come deve comportarsi un comandante degli eserciti russi in un wargame? Come gli pare, ovvio, ma se si tenta appena di entrare nella parte di ciò che accadde realmente, allora si devono fare alcune precisazioni.
La prima di carattere generale, anche se un po’ grossolana: la filosofia di fondo che ha animato una nazione come la Russia, a differenza di alcuni paesi occidentali, è riseduta nella scarsa considerazione dell’individuo in quanto tale.
Non è il singolo il punto di forza della nazione, sia in campo bellico, sia in altri campi. Si tratta piuttosto di considerare la massa e il numero come vera forza, ora al servizio dello zar, ora del partito bolscevico.
Una seconda considerazione, consequenziale alla prima: i comandanti e lo stato maggiore badano poco al numero delle perdite e pensano molto al risultato da ottenere. I soldati sono pedine, o se si vuole ingranaggi, che devono far funzionare il tutto.
Quindi: niente scrupoli, niente tatticismi, niente tentennamenti. Chi comanda i Russi sul tavolo da gioco non deve fare troppi calcoli, e mandare allo sbaraglio le proprie unità.
Tratterò di seguito i due principali periodi giocati, senza la presunzione, ripeto, di saperne più di molti altri con tanta esperienza maggiore della mia.


La fanteria russa nel napoleonico

Come si comprende, la fanteria russa presenta vari problemi di gestione. Molti regolamenti, ligi alla fedele rappresentazione storica, concedono poco ai soldati dello zar: scarsi nel tiro e lenti, causano grossi problemi nelle manovre e nel combattimento, niente rispetto alla precisione degli Inglesi o alla velocità di marcia dei Francesi. Lo stesso vale per la Guardia, seppur valida, resta comunque inferiore alla Vecchia Guardia francese e a quella inglese. Sicuramente le truppe “prussianizzate” del primo periodo, fino alla morte di Paolo I, sono lente, equipaggiate in modo scomodo e antico. Avanzano e manovrano piano. Va un po’ meglio nel periodo successivo.
Per il periodo della guerra del 1812, si affiancano alle normali fanterie esistenti le milizie cittadine, arruolate in tutte le città, vestite sommariamente e dotate di fucili e di quant’altro si trova di offensivo (picche, forche, ecc.): sono da usare per azioni di disturbo e vanno facilmente in rotta.  Bisogna fare allora di necessità virtù, fare come Suvorov, e scegliere tra lo scontro in linea e la colonna d’attacco, per andare al corpo a corpo. Dalla parte del giocatore russo c’è solitamente il vantaggio numerico, dunque ci si deve immedesimare: gettare la massa nella mischia, ignari del crollo del morale!


La fanteria russa nella Seconda Guerra Mondiale

Siete senza camion, appiedati, e non ci sono molti mitra a giro. Qualitativamente le truppe sono inferiori a quelle degli alleati Angloamericani e dei Tedeschi, sia per equipaggiamento, sia per preparazione. Ma sono molti di più.

Una volta abbiamo provato una ricostruzione abbastanza fedele di uno scenario in Ungheria durante l’avanzata sovietica del 1944. C’erano truppe appiedate che si muovevano 15 cm per volta su terreno facile, e dovevano giungere quasi alla fine di un tavolo da gioco di 360 cm entro 25 turni, attraversando un tratto cittadino pieno di nemici e di zone minate. Purtroppo non ci sono scelte: le formiche andavano mandate alla conquista della città, sapendo che matematicamente era impossibile giungere in fondo. Che fare? Avanzare, solo avanzare.
Quanto ai supporti: nel primo periodo i carri T-26, BT-5 e BT-7 non sono granché contro i Panzer II e Panzer IV tedeschi. Ovvio che solo il T-34 va benissimo, ma questo si deve a volte sacrificare in operazioni di trasporto truppe che limitano le sue capacità belliche.
Qui chi comanda le truppe non deve fare come gli Inglesi o gli Americani, loro sì animati da impostazioni filosofiche e belliche diverse. D’altra parte si sta parlando di un paese dove le epurazioni erano all’ordine del giorno. Come Kutuzov o Suvorov, anche Zukov o Rokossovskij devono ordinare alle truppe l’avanzata. Pena la fucilazione sul posto………

 Riccardo Cammelli